Dubito,
ergo cogito.
Cogito,
ergo sum.

MANIFESTO

Io racconto. Racconto perché non c'è nulla di più sacro. Racconto perché la vita mi strappa le parole dalla gola, le lascia sanguinare sulla pagina, le trasforma in qualcosa di più grande, di più felice, di più doloroso e vero di me. La verità non è bella, non è semplice, neppure rassicurante. La verità è un mostro splendido e bastardo che ti richiede attenzioni, che respira sul tuo collo e non ti lascia addormentare. Ecco perché scrivo, parlo, creo. Non per renderla più sopportabile, la mia verità, ma per guardarla negli occhi fino a quando non mi acceca. E poi raccontarla a chi vuole guardare la sua, con me. Mi interessa ciò che siamo, ciò che fingiamo di essere, ciò che ci terrorizza diventare. Dubito, domando, esploro. Non sono qui per semplificare. Non sono qui per darti risposte pronte, confezionate in un pacchetto brillante. Sono qui per romperti qualcosa dentro. Per aprirti una crepa da cui possa entrare la luce. Oggi è un podcast, domani un romanzo, forse una sceneggiatura, magari un quadro, un pezzo al pianoforte oppure solo silenzio. Non conta il mezzo. Conta solo che dopo avermi letto o ascoltato, qualcosa dentro di te si sposti appena, come una porta che si scosta quel tanto che basta per intravedere un’altra domanda, un’altra possibilità. Non cerco folle distratte. Cerco anime che bruciano forte quanto la mia. Mille, cento, dieci persone. Anche una sola sarebbe abbastanza. Scrivo perché la vita è un cavallo pazzo, e io voglio tenermi stretto alla sella. Scrivo perché so che anche tu hai paura. E penso che la paura non debba essere affrontata, ma cavalcata.

Sui social

Sono convinto che nei prossimi anni, con l'aumentare delle capacità dell'IA, sarà molto importante essere riusciti a costruirsi una community, online e/o offline. È ciò che sto cercando di fare.

Il mio lavoro

Da ormai 15 anni, porto avanti due strade (anzi tre) parallele: giornalismo e consulenze di comunicazione (e insegnamento). Tutti percorsi in continua evoluzione, così come il mio modo di intendere e fare questi mestieri.

Luca “LuS” Scarcella

Non ho mai nutrito particolare simpatia per i cognomi, specialmente per il mio. Mi sono sempre apparsi come antiche targhe arrugginite: troppo rigidi, sepolti da una polvere di generazioni, incapaci di restituire la verità di chi siamo. Al contrario, nei nomi trovo una promessa di leggerezza, un margine di libertà. Quando viaggiavo portando la mia musica di città in città, cercavo una via di fuga dall’impersonalità del cognome. Così pensai a "LuS". Il logo che vedete in questo sito trae origine dal mio primo tatuaggio: una chiave di violino che si abbraccia a un tao, percorrendo curve fino a disegnare una L. Vi ho poi accostato la “u” e la “S” finale… perché, in fondo, anche le radici che ci pesano meritano il nostro sguardo, almeno quanto basta per iniziare a guarire. Forse, un giorno, imparerò addirittura ad amare il mio cognome: potrebbe succedere dopo l’ennesima costellazione familiare, in qualche casale sperduto e silenzioso, dove le ombre degli antenati si fanno, improvvisamente, dolci compagne di viaggio.

Disagio Creativo •  Newsletter  •